Quando Mussolini pronuncia la sua dichiarazione di guerra a Francia e Inghilterra, il 10 giugno 1940, spera di potersi accomodare al tavolo dei vincitori “spendendo” poco, visto che nulla sembra poter fermare l’esercito di Hitler. Ma la realtà sarà ben diversa e Genova se ne accorge subito, perché – senza che passi neanche una settimana – comincia una lunga serie di bombardamenti sulla città: prima solo dal mare, subito dopo anche dal cielo. Una pioggia di bombe che devasterà il porto, i monumenti, le fabbriche, le stazioni ferroviarie, migliaia di case di civile abitazione, perché la guerra non guarda in faccia nessuno. Nessun rispetto neanche per i civili, che anzi vengono presi di mira per fiaccarne la resistenza.
Ricorderemo qui i due attacchi principali partiti dalle navi francesi e inglesi, il primo subito dopo la dichiarazione di guerra, il secondo, molto più devastante, il 9 febbraio del 1941. Sono trascorse infatti solo poche ore dalla conquista di Parigi da parte dell’esercito tedesco, il 14 giugno 1940, quando dal porto di Tolone parte un attacco agli impianti industriali di Genova e Savona. Una squadra composta dagli incrociatori Dupleix e Colbert e dai cacciatorpediniere Vautour e Albatros bombarda la zona industriale tra Sestri Ponente e Arenzano, trovando ben poca resistenza, considerato che la squadra navale italiana è ancora concentrata nel porto di Taranto. I danni materiali alle strutture non sono gravi, mentre le perdite tra i civili si limitano a tre morti.
Ma se questo attacco avviene solo per reazione alla dichiarazione di guerra, molto più articolato è il bombardamento navale britannico del 9 febbraio 1941, nell’ambito della cosiddetta Operazione Grog, scatenata dopo la cosiddetta “notte di Taranto”, nel novembre 1940, nella quale la flotta italiana viene gravemente danneggiata da una serie di attacchi aerei britannici. L’attacco, favorito dalla grave carenza di protezione contraerea anche per la mancanza di radar, ha un effetto devastante sulla Marina italiana. Tanto che gran parte della flotta italiana viene trasferita nelle basi del Mar Tirreno, ma gli inglesi decidono di bombardare una di queste basi, per dimostrare che neanche in quella zona sarebbero state al sicuro.
L’obiettivo dell’Operazione Grog è quindi il porto di Genova, perché si ritiene che vi siano in riparazione tre navi da battaglia, ma non vengono trascurati neppure gli scali della Spezia, di Pisa e di Livorno. L’obiettivo principale è comunque “politico”: il 12 febbraio è in programma, a Bordighera, un incontro fra Benito Mussolini e Francisco Franco, nel corso del quale il Duce vorrebbe convincere Franco a entrare in guerra a fianco dell’Italia e della Germania, cosa che permetterebbe all’Asse di controllare lo Stretto di Gibilterra. Ma gli inglesi vogliono dimostrare che in realtà l’Italia era incapace persino di proteggere le proprie coste.
Ed è proprio su ordine diretto dello stesso Churchill che il 6 febbraio da Gibilterra salpa la flotta FORZA H della Marina britannica verso le coste liguri per un bombardamento che, da operazione militare, diventa una questione politica, per una missione che deve essere compiuta prima del giorno 12. La navigazione verso Genova avviene in maniera abbastanza tranquilla, anche perché le segnalazioni dei ricognitori italiani non vengono interpretati come forieri di un attacco al capoluogo, grazie anche a una serie di manovre diversive.
Nel primo mattino del 9 febbraio sul cielo di Genova vengono avvistati alcuni aerei ricognitori. Ma poiché fino ad allora Genova è stata posta in stato di allerta più di cinquanta volte, la presenza di aerei britannici atti ad azioni di ricognizione per lo studio del territorio non è una novità: ma stavolta gli aerei non avrebbero scattato fotografie, bensì indirizzato il tiro dell’artiglieria navale. Alle 5 del mattino del 9 una parte della flotta devia verso Levante posizionandosi a un centinaio di chilometri dalla costa spezzina da dove venti bombardieri puntano su Pisa, Livorno mentre il resto della squadra ripiega verso Genova.
La totale mancanza di coordinamento tra la Marina e l’Aeronautica italiane diventa la causa di un tragico errore. Ecco allora che, mentre tre aerei britannici sorvolano la città per guidare il tiro dei grossi calibri, quindi, alle ore 08:14 del 9 febbraio l’ammiraglio James Somerville dà l’ordine di aprire il fuoco alle navi che, da una ventina di chilometri al largo, indirizzano migliaia di proiettili di grosso calibro sulla città. Viene colpito per primo il molo Principe Umberto e subito dopo i cantieri Ansaldo, le fabbriche sul Polcevera e i bacini di carenaggio. In porto viene affondata la nave scuola Garaventa, destinata al recupero di giovani con problemi sociali.
L’attacco dura appena mezz’ora, ma l’esito è devastante, in quanto la risposta delle difese costiere è totalmente inefficace, al punto che le navi da guerra britanniche, a missione compiuta, possono tranquillamente virare e tornare alla base. Le migliaia di bombe colpiscono anche moltissimi edifici civili e storici come la cattedrale di San Lorenzo, nella quale un proiettile da 381 mm, dopo aver perforato due muri maestri, si adagia inesploso sul pavimento. La bomba sarà successivamente disinnescata e gettata in mare, mentre una copia sarà sistemata nello stesso punto a futura memoria.
Ma vengono colpiti anche la chiesa della Maddalena, l’ospedale Duchessa di Galliera, dove trovano la morte 17 suore (quasi 150 le vittime complessive del
bombardamento), via XX Settembre e Piazza Colombo. I danni materiali e sociali sono enormi: il Comune deve provvedere ad alloggiare presso alberghi e pensioni circa 2.500 persone rimaste senza casa. Pochi giorni dopo arriva da Firenze con un treno speciale la principessa Maria José in divisa da crocerossina. Va a visitare i feriti negli ospedali cittadini e le zone maggiormente colpite, ma trova soprattutto ostilità, segno che la popolazione genovese inizia a provare risentimento verso la guerra nonostante le ondate propagandistiche di giornali e radio.
Il bombardamento influisce quindi in maniera rilevante sul morale della popolazione genovese, ma non solo. L’Operazione Grog raggiunge infatti il suo scopo principale: fare pressione sul generalissimo Francisco Franco che, tre giorni dopo a Bordighera, si rifiuta di schierarsi a fianco di Italia e Germania, per cui i tedeschi devono sospendere la progettata Operazione Felix, con la quale volevano occupare Gibilterra per controllare l’accesso navale al Mediterraneo da Occidente.